La Vera Storia di John Law e i biglietti delle Regie Finanze

1000 lire regie finanze 1746John Law merita di essere considerato e ricordato come uno dei più geniali economisti dell’evo moderno,il primo che intuì l’enorme impulso che la circolazione monetaria cartacea avrebbe apportato allo sviluppo delle attività economiche e commerciali. Purtroppo la storia ci ha tramandato una immagine di Law che non gli appartiene, facendolo apparire come un disonesto a cui imputare la crisi economica e finanziaria che nel 1720 attraversò la Francia.

Immagine costruita attraverso una operazione, che oggi chiameremmo mediatica, organizzata dal Reggente Filippo d’Orléans al fine di scaricare su altri la propria assoluta incapacità di gestire i beni del Regno.

Come sappiamo, la storia è ricca non solo di criminali che vengono ricordati come grandi uomini, ma anche di grandi uomini passati alla storia come scellerati. John Law è uno tra questi ultimi.

Ma, possiamo chiederci, come è possibile che un galantuomo, o addirittura un genio, venga ricordato come un malfattore? Sappiamo che la storia ci è solitamente tramandata da cronisti e letterati che spesso si sono venduti al potere e, nel caso specifico di John Law, da pseudo-intellettuali al soldo di Filippo d’Orléans e di alcuni manutengoli della sua corte.

Talvolta, però, il tempo è galantuomo e, anche se con fatica, accade che la verità venga ristabilita.

Nel1996 abbiamo pubblicato il volume Soldi d’Italia , con versioni in lingua inglese e francese, in cui per la prima volta veniva proposta una visione pienamente positiva del pensiero e dell’attività diJohn Law e abbiamo avuto il piacere di rilevare come, negli anni successivi, siano apparsi in Europa alcuni saggi che ne hanno proposto la rivalutazione.

Ma veniamo ai fatti, tracciando una seppur sintetica ricostruzione delle vicende che hanno legato John Law alla prima emissione di cartamoneta nel nostro Paese.

John Law nasce a Edimburgo nel1671, da un nobiluomo che ha creato una florida azienda orafa.

A partire dal Rinascimento l’attività orafa ebbe notevole sviluppo in Gran Bretagna, e lo scambio di ingenti quantità di metalli preziosi indusse numerosi orafi a operare anche come banchieri. In Little London Directory, del 1677, vengono elencati ben 37 orafi che esercitano l’attività di banchieri in Lombard Street.

Per le aziende orafe londinesi la transazione di metalli preziosi era una pratica consueta che, a partire dal XVII secolo, veniva abitualmente compensata con il rilascio di ricevute, pagabili a richiesta con monete d’oro o piastrine di metallo prezioso. Queste ricevute, garantite dal deposito del metallo, sostituivano il denaro, passavano di mano in mano e erano abitualmente accettate come se fossero banconote. La circolazione delle Goldsmith notes, o “banconote degli orafi”, si diffuse anche tra gli operatori della City al punto che, all’inizio della Restaurazione, venivano accettate in deposito anche dall’erario che riconosceva sulla somma depositata un interesse pagato dal Tesoro Reale.

Sin da piccolo John Law partecipa all’attività dell’azienda di famiglia e si abitua all’utilizzo delle “banconote degli orafi”, verificando la praticità dell’utilizzo della cartamoneta.

Quando Law ha dodici anni, il padre muore, !asciandogli il titolo di Barone di Lauriston, due feudi e una notevole fortuna. Law, seppur giovanissimo, prende in mano la situazione finanziaria dell’impresa e contemporaneamente si dedica anche agli studi matematici, in cui è particolarmente versato.

A vent’anni, dopo aver organizzato l’attività dell’azienda orafa in modo che prosegua anche in sua assenza, si trasferisce a Londra, frequenta l’ambiente di corte dove viene notato e diventa presto celebre, non solo per l’affascinante prestanza fisica e i modi aristocratici, ma anche perché, quando gioca, sembra baciato dalla fortuna. In realtà, Law non è tanto assistito dalla fortuna, quanto dalla facoltà di mettere a frutto le capacità di calcolo nel gioco d ‘azzardo e di riconoscere le carte per piccoli difetti che le caratterizzano.

Molte note critiche sottolineano negativamente la sua passione per il gioco d’azzardo, dimenticando che, all’epoca, questo era considerato il passatempo dei nobili e dei signori, che davano dimostrazione di ricchezza e liberalità giocando con spensieratezza grosse somme. Le frequenti, favolose vincite che Law maschera attribuendole alla benevola fortuna, contribuiscono ad accrescere l’ingente patrimonio di cui già dispone.

A 23 anni va ad Amsterdam, dove frequenta i locali banchieri per conoscere le più recenti tecniche finanziarie, poi visita l’Italia e si ferma a Venezia, da secoli patria di banchieri e mercanti, nell’intento di apprendere le innovazioni ivi adottate nelle procedure bancarie.

Nel1700 torna in patria carico di libri e appunti e, nel1701, pubblica la prima parte del suo trattato Money and Trade che contiene uno dei suoi fondamentali progetti dal titolo: Come procurare lavoro a tutta la popolazione. Nel 1705 pubblica la seconda parte: Considerazioni sullo moneta e sul commercio con un progetto per provvedere di denaro la nazione. Nel1707 pubblica il suo terzo lavoro: Memoria per provare che una nuova specie di moneta può essere migliore dell’oro e dell’argento, ove preconizza la diffusione della circolazione cartacea come strumento autogenerante di ricchezza e lavoro.

John Law intuisce che il valore intrinseco della moneta è alla fonte del desiderio di tesaurizzazione degli umani, è consapevole che il risparmio è un limite all’espansione dell’economia, teorizza la creazione di una moneta cartacea il cui valore è rappresentato e garantito dalla proprietà terriera che, all’epoca, è la principale e più sicura fonte di reddito. Antesignano della civiltà dei conswni, Law considera il risparmio come una forma deleteria dell’economia. Intuendo che la moneta d’oro induce automaticamente al risparmio e alla sua forma patologica più negativa, l’avarizia, preconizza l’avvento della circolazione monetaria cartacea come strumento indispensabile allo sviluppo delle attività commerciali e industriali e necessario all’avvento del benessere generalizzato.

Per svincolare il denaro dal contenuto intrinseco, Law lega il valore della moneta alla garanzia della proprietà terriera, vincolandola ai beni dallo Stato. All’epoca, l’agricoltura è la fonte primaria della ricchezza, e Law afferma che il valore della moneta può essere garantito dallo Stato, che dispone di enormi proprietà terriere. Nel 1711 si reca a Torino per incontrare Vittorio Amedeo II , cui propone di istituire una banca emittente nel ducato. Il Duca intuisce che l’idea di Law, seppure inaspettata, non è utopica, e gli chiede di preparare una relazione che viene sottoposta agli economisti della corte. Ma gli economisti di corte non hanno una visione moderna degli strumenti finanziari e, a differenza del Duca, non sono in grado di intuire la portata innovativa del progetto, e danno parere contrario. Ciò nonostante, Vittorio Amedeo II è talmente interessato che nel1712 invia suoi emissari a Milano per chiedere a John Law un approfondimento del progetto.

Law redige un aggiornamento sintetico in cui, oltre alle norme per il controllo dell’emissione e della circolazione cartacea, c’è anche il disegno del prototipo di un biglietto, disegno che verrà fedelmente ricopiato da Carlo Emanuele III quando, nel 1745, deciderà di emettere i biglietti delle Regie Finanze.

Nel1713, il Duca Vittorio Amedeo II, allo scopo di ottenere il titolo di Sovrano e di essere riconosciuto come tale dalle Case Regnanti europee, accetta la nomina a Re di Sicilia, lascia Torino per trasferirsi a Palermo, e il progetto subisce una inevitabile sospensione.

Dal 1712 al 1715 Law gira per l’Europa allo scopo di perfezionare il suo progetto e, nell’aprile del 1715, arriva a Parigi, avendo a disposizione tutta la sua ricchezza mobile, rappresentata dall’enorme somma di 1.500.000 Livres.

Poco dopo il suo arrivo, Luigi XIV muore, e gli succede il Reggente Filippo d’Orléans. Nelle casse dello Stato francese vi sono 700.000 Livres (meno della metà di quanto possieda Law) contro un deficit di 78.000.000 di Livres. Alla prima seduta del Consiglio delle Finanze si valuta che lo Stato non può far fronte ai pagamenti immediati, e Saint-Simon propone di dichiarare bancarotta. Poiché non è mai successo che uno stato europeo abbia adottato simile decisione, gli economisti di Corte cercano di prendere tempo, e si pone mano a nuove pesanti tassazioni con il solo risultato di far fuggire i capitali privati.

In questo frangente, in cui nessuno è in grado di suggerire una possibile soluzione, Law propone al Reggente il suo progetto, prospettandolo come soluzione per risanare le casse dello Stato, e afferma: “lo non domando del fido, intraprendo l’affare a mie spese dimodoché lo Stato non rischia alcunché”. Il 2 maggio vengono firmate le lettere patenti e il 5 giugno la Banque Générale di John Law inizia ad operare. Nell’agosto Law, dietro ingenti versamenti al Tesoro, ottiene anche le patenti che lo autorizzano alla costituzione della Compagnie d’Occident, per sviluppare i commerci tra la Francia ed il Mississipi, le cui azioni vengono subito sottoscritte e creano, nel giro di pochi anni, un’euforia borsistica che travolge la tranquilla borghesia parigina.

La banca funziona ottimamente, la popolazione ha fiducia, chi ha capitali li affida a Law, che emette un gran numero di banconote, coperte però da valuta metallica. Tutto andrebbe splendidamente se il Tesoro Reale non cominciasse a considerare la banca come la sua cassaforte personale, chiedendole di far fronte a tutti i suoi impegni. Law è costretto ad accettare il gioco, e riceve in cambio licenze e appalti, che permettono alla banca e alla compagnia di realizzare ottimi profitti. Nel 1718 l’ economia francese si è, come per miracolo, risanata. John Law ha mantenuto quanto promesso. Fervono i commerci, arrivano e partono merci per il Nuovo Mondo, aumenta l’emigrazione e cresce il benessere. A Parigi è tornata la vita mondana, e Law dirige con correttezza sia la Banca sia la Compagnia, da cui trae enormi profitti. .

Quando tutto sembra andare oltre i più rosei progetti, nel1718 il Reggente trasforma la banca di Law in Banque Royale, diventando egli stesso Governatore della Banca e lasciando a Law la direzione generale.

Perché Law si mostra favorevole e accetta? Per comprendere l’acquiescenza alle pretese del Reggente occorre entrare nella mentalità del tempo, ove il Re rappresenta l’autorità assoluta e indiscussa, da cui dipende la sorte di ogni suddito. Godere del favore del Re è la più grande fortuna che possa capitare a un mortale. Law viene adulato, complimentato, la sua pur grande fama e fortuna non è nulla a paragone del potere del Re, che con un editto può mutare le sorti di ogni impresa. La banca diventa quindi dello Stato, e liquida gli azionisti con gli ingenti profitti accumulati dalla gestione di Law, così lo Stato acquisisce la proprietà senza alcun esborso.

Divenuto padrone della Banca, il Reggente emana norme che, nella pratica, istituiscono il corso forzoso delle banconote poi, nel giro di pochi mesi, la Banque Royale emette biglietti per 100 milioni di Livres. Law cerca di opporsi, ma Filippo d ‘Orléans lo lusinga dicendogli che per lui ci sono compiti più alti e più degni. Egli deve procedere sulla strada della salvezza della Francia, riformando il sistema fiscale. Law è orgoglioso della nuova missione, si getta nel lavoro e, nell’aprile del1718, pubblica: Progetto di una nuova riforma per assestare le entratedel Re. Nel giugno del 1719 dà alle stampe il saggio : Memorie sul denaro reale. Le due opere meritano di essere ripubblicate anche solo per le acute analisi e gli strumenti proposti alla semplificazione del sistema fiscale, che potrebbero trovare utile applicazione anche in uno stato moderno. E mentre Law studia riforme, la Banca continua, per ordine del Reggente, ad emettere: 120 milioni il 12 settembre e altri 120 milioni il 24 ottobre del 1719.

Per tranquillizzare Law, lo si copre di onori, viene eletto membro dell’Accademia delle Scienze, appaiono poemi in suo onore, ottiene complimenti da Re Giorgio d’Inghilterra, dalla nativa Edimburgo giungono per lui oggetti d’oro e diplomi, vive in un palazzo principesco, ove la Corte fa la fila per essere ricevuta al fine di ottenere favori.

Il 21 dicembre 1719 il Reggente pubblica un decreto che fornisce la dimensione della sua demente arroganza: “Per evitare al popolo le perdite causate dalle variazioni sui corsi delle monete, il biglietto di banca dovesse mantenere un corso del 5 % superiore all’argento, e che a tal prezzo avvenisse il cambio in tutte le banchedellaFrancia, salvo poi al portatore di negoziarlo al prezzo più elevato che gli riesca possibile”.

Nello stesso periodo le azioni della Compagnia di Law, emesse a 500 Livres, vengono trattate per le strade a 20.000 Livres. L’euforia della ricchezza improvvisa, accessibile a chiunque voglia rischiare, pervade la Francia.

La gente corre da ogni dove a Parigi per partecipare all’arricchimento facile, nell’ottobre Parigi strabocca di oltre 100.000 francesi delle province e 30.000 stranieri che, per strada, da un giorno all’altro, moltiplicano i propri averi.

Proprio nel momento di massima euforia cominciano però a manifestarsi i prodromi dell’inflazione generata dalle continue, crescenti, emissioni del Reggente. Tra il gennaio e il 10 aprile del 1720, la cifra ufficiale delle emissioni è di quasi un milione e mezzo di Livres, ma si scopre poi che il Reggente ha fatto stampare senza decreti altri 2.696 milioni di Livres!

A maggio comincia a spargersi la voce che la banca ha emesso molto più di quanto non possa pagare, in quanto Filippo d’Orléans ha dissipato in feste, regali e stranezze tutto il denaro raccolto, e che ora le casse del Tesoro Reale sono vuote.

Il 12 giugno, per far fronte alle crescenti richieste di rimborso, il Reggente ordina che in banca venga cambiato solo un biglietto a persona, ma nei giorni precedenti i potenti della Corte – preavvertiti dal Reggente – hanno razziato gran parte delle monete d ‘argento. In molti testimoniano di aver visto carrozze cariche di monete d’argento allontanarsi dalla banca.

Già nella notte si formano code interminabili. Dopo la seconda settimana di giugno, nei tumulti fuori dalla banca muoiono decine di persone. Il 17 luglio la Banca sospende i pagamenti. Il 30 agosto, per ritirare i biglietti, il Tesoro emette titoli di rendita per quattro miliardi, ma l’inflazione è ormai alle stelle. Una folla di investitori rovinati si aggira per Parigi e minaccia sia la Banca sia le istituzioni. I membri della Corte suggeriscono al Reggente l’unica soluzione atta a evitare una drammatica sommossa. Trovare un responsabile a cui addossare la colpa del tracollo. I primi di dicembre il Reggente suggerisce a Law di lasciare momentaneamente la Francia, di aspettare che le acque si calmino, e attendere il suo richiamo a più alti incarichi.

John Law lascia Parigi il 13 dicembre 1720 con 36.000 Livres, rifiutando dignitosamente due enormi sacchi di monete d’oro che il Reggente gli invia attraverso emissari che hanno preparato la sua partenza. Va in Belgio, poi si stabilisce a Venezia, da dove invia al Reggente moltissime lettere e relazioni sul suo operato, dimostrando la sua rettitudine. Lui non ha preso niente, ma ha permesso la rinascita dell’economia francese e il salvataggio del Tesoro Reale.

Dopo la sua partenza, Filippo d’Orléans pensa solo ad addossargli la responsabilità del crollo della Banca e della Compagnia, e per questa perfida azione si serve di cronisti e libellisti prezzolati che costruiscono una immagine di John Law che non gli appartiene, ma che è ancora quella che ci viene oggi proposta da chi riporta gli scritti dell’epoca.

La verità storica di Law dovrà essere prima o poi ristabilita, attraverso la conoscenza delle sue opere e la lettura di alcune coraggiose, seppure parziali, testimonianze esistenti. Per ora basti quella di Saint-Simon, che al proposito scrisse: “Ciò che affrettò il rovesciamento della Banca e del sistema fu l’inconcepibile prodigalità del duca d’ Orléans, il quale, senza limite e ancor più, se possibile, senza discernimento, dava a piene mani.”

Tratto da “La Cartamoneta Italiana” II Vol. a cura di Guido Crapanzano e Ermelindo Giulianini.